Amantino Mancini: “Tifo Roma e De Rossi, ma la vittoria all’andata non basta. Daniele lo sa”

Il brasiliano è uno dei giocatori-simbolo dell’era Spalletti in giallorosso. Poi i 6 mesi ...


Allenatore, dirigente e talent scout. Amantino Mancini da qualche anno è tornato in Brasile dopo il ritiro dall’attività agonistica. Un’esperienza da allenatore in Italia al Foggia, durata poco più di un mese e poi il ritorno a casa. Nel 2020 allena il Villanova, ma dopo meno di una stagione arriva l’addio al club brasiliano. Allenare non è la strada giusta. “Ama”, come lo chiamano gli amici, cambia la sua rotta professionale. Da qualche mese è dirigente e scopritore di talenti per lo Sport Club Aymorés, un piccolo club brasiliano nella città di Ubà a sud del Paese.

Ma per tutti i romanisti resta il “tacco di Dio”. Grazie al gol indimenticabile al derby. Era il novembre del 2003, Mancini era arrivato da pochi mesi alla Roma. Sulle spalle il fardello di dover sostituire Cafu, il terzino dello scudetto, ceduto al Milan in estate. Con l’ulteriore peso di sei mesi in prestito a Venezia, passati più in panchina che in campo. Questioni di incompatibilità tattica con l’allenatore Bellotto, si disse al tempo. Salvo poi scoprire, anni dopo, come il club lagunare, che versava in condizioni economiche disastrose, provò a fare il doppio gioco alla Roma. Evitando di valorizzarlo e sperando nel regalo giallorosso a fine stagione. No, grazie ci abbiamo visto giusto.

Mancini gioca cinque anni a Roma, con 222 presenze e 59 gol. Poi viene ceduto all’Inter che nel 2010 lo presta per sei mesi al Milan. Roma e Milano, le sue due città italiane. Le stesse che si giocheranno l’accesso alla semifinale di Europa League. Assist, doppi passi e gol nei suoi otto anni italiani. Ma il primo è quello che resta scolpito nella memoria: «E come fai a dimenticarlo?» La domanda retorica Mancini se la pone ogni volta che gli viene chiesto di quel gol. Vent’anni di domande.

Stanco?

«Mai. L’avrò visto su YouTube centomila volte. Lo faccio ogni tanto rivedere ai miei figli, ai miei parenti. Ho tanti ricordi bellissimi di Roma e della Roma, ma quel gol mi ha cambiato la vita».

Un ricordo indelebile che coincide anche con l’esordio al derby di Daniele De Rossi

«Me lo ricordo bene. È stato il primo compagno con cui ho condiviso la stanza alla Roma. Io ero appena arrivato a Roma e lui era un ragazzino, veniva dalla Primavera. Eravamo una strana coppia (ride, ndr), ma ci siamo trovati subito bene».

Torniamo per un attimo a quel novembre del 2003. Come lo visse De Rossi?

«Lo ha detto lui stesso che i primi derby non li ha giocati. E io ho visto perché. La tensione la sera prima della partita. Il nervosismo prima di entrare. Ma quel derby poi lo abbiamo vinto con il mio gol. E fu bellissimo. Per entrambi».

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